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Può un gioco prendere una vita?

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Un’anima pura ed innocente, che sale in cielo prematuramente, apre una ferita insanabile nella vitalità dell’Universo e nei cuori di ognuno. Ci chiediamo tutti come sia possibile che un gioco su una delle App più famose del momento, chiamato anche “hanging challenge”, abbia strappato la vita del giovane e immacolato angelo di Palermo. Ebbene si, anche le famiglie più forti e le roccaforti più inespugnabili cadono, barcollano e sono messe a dura prova da “venti impetuosi”. Siamo comunque essere umani, nati per evolverci, per progredire e per reagire alle tragedie più estreme.

Alzarsi dopo una caduta, per quanto sia orribile e senza via di uscita alcuna, indica la forza con la quale siamo aggrappati alla vita. La coraggiosa famiglia del piccolo angelo celeste, decidendo di donare i suoi organi, ha dimostrato come nel peggior evento che si possa subire, la vita si rigenera e progredisce. Onore alla vita che mai molla e sempre impianta semi di speranza. Vedo e percepisco una generazione audace, creativa, combattiva; ragazzi meravigliosi esprimono emozioni vere, autentiche: tra mille sfide ed orientamenti poco definiti. Allo stesso modo la tecnologia va veloce come la luce e aumenta ineludibilmente la distanza tra le generazioni, crea disuguaglianza sociale e difficilmente viene percepita come una grande creazione.

I nostri nonni e genitori, negli anni 60-70, hanno tentato di abbattere il divario formatosi con la nostra epoca tentando di prepararci. Attraverso la favola di “Cappuccetto Rosso” hanno posto la nostra attenzione in una posizione di ponderazione e tramite la storia della “Formica e della Cicala” ci hanno trasferito il valore dell’impegno. E noi, oggi? Se cominciassimo con l’ascoltarli?

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